Secondo il team di esperti guidato da Colao dovrebbe essere obbligatorio per le grandi aziende. Negli altri casi, la scelta spetterebbe al lavoratore.
Esecutivo a lavoro ormai da giorni per mettere a punto il dossier sulla ripartenza e programmare l’attesa Fase Due che si annuncia complessa quanto (se non di più) la prima.
Dopo il prolungamento del lockdown fino al 3 maggio, Palazzo Chigi si è immediatamente messo al lavoro su un possibile schema di riapertura, a condizione però che si seguano i protocolli sindacali, diviso tra le indicazioni del comitato tecnico-scientifico e i suggerimenti di task force, associazioni di categoria e sindacati. Di certo trovare la sintesi che accontenti tutti è tutt’altro che facile.
Cresce, intanto, sempre di più il pressing di quanti chiedono al Governo un’accelerazione. Tradotto: le aziende ripartiranno, ma allo stesso tempo non si può mettere a rischio la salute dei cittadini.
SMART WORKING PILASTRO DELLA FASE DUE – Secondo le prime indiscrezioni, sembrerebbe che al centro della strategia del “team” guidato da Vittorio Colao ci sarebbe l’idea di puntare sullo smart working, che diventerebbe il perno di questa fase successiva, rendendolo addirittura obbligatorio per alcune aziende.
Quasi sconosciuto fino a pochi mesi, sembra proprio che lo smart working diventerà “l’arma segreta” nella guerra ancora lunga contro il virus.
Del resto, non è mistero, che – in assenza di una terapia efficace o meglio ancora di un vaccino che non sarà disponibile a stretto giro – l’obiettivo è limitare il numero di persone sul posto di lavoro, per evitare il possibile gli assembramenti visto che gli esperti hanno già avvisato sul fatto che ad un allentamento delle restrizioni corrisponderà inevitabilmente un aumento dei casi.
Proprio in quest’ottica, alle grandi aziende – quelle per capirci dove ogni giorno transita un numero cospicuo di dipendenti – potrebbe essere imposto l’obbligo di dotarsi, ovviamente quando possibile e nel rispetto delle mansioni di lavoro, dello smart working. Ancora da stabilire il numero massimo di dipendenti ammessi per sede che andrà di pari pari con la grandezza degli spazi. Al di sotto della soglia che sarà stabilita, lo smart working resterebbe facoltativo con l’azienda chiamata a gestire l’organizzazione del lavoro, ovviamente nel rispetto della salute dei lavoratori, quindi garantendo distacco tra le postazioni e presenze “scaglionate”, anche spalmate su diversi giorni della settimana.
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